sabato 12 dicembre 2009

cartoni animati: sono davvero per tutti?


Bisogna considerare i minori come se fossero gli adulti del domani o rendere il mondo a misura di bambino?
Durante l’expo Torinocomics, che si è svolta a Torino presso il Lingotto Fiere nei giorni 23-24-25 aprile 2004, il Mediario ha intervistato Paolo Buscaglio Strambio, presidente dell’associazione culturale italiana A.D.A.M. (Associazione Difesa Anime e Manga) riguardo al problema della censura televisiva nei cartoni animati giapponesi e alla disinformazione generale che alimenta il fenomeno.
Circa la mia esperienza personale, quando mi trovo assieme a dei bambini e propongo di trascorrere magari un pomeriggio guardando i cartoni animati in tv, ammetto di essere spesso sospettosa o per lo meno insicura circa l'adattabilità dei contenuti alla loro età. Ritengo si abbia sempre paura di fare capire determinate situazioni ai più piccoli, perchè magari li si considera non ancora pronti a "digerire" determinati argomenti o si ha semplicemente paura di provocare in loro dei traumi, o magari si è solo imbarazzati. Ma credo sia leggittimo pensare che la tv dovrebbe venire in nostro soccorso nel tutelare i bambini, trasmettendo opportune visioni adatte ad ogni fascia d'età. Cosi ci si chiede se la censura di certi cartoni animati sia legittima o meno. Personalmente, in un futuro, vedendomi mamma credo che valuterei attentamente questa cosa e probabilmente non permetterei a bambini di qualche hanno di guardare cartoni che istigano alla violenza o danno messaggi subliminali, ecc....
Comunque, il problema della censura si è cominciato a manifestare negli anni Settanta con l’arrivo di alcuni cartoni animati giapponesi come Goldrake e Jeeg Robot. Prima infatti venivano trasmessi in tv solo cartoni adatti ai bambini e i genitori di allora si erano convinti che il cartone animato fosse solo un prodotto per bambini. I prodotti giapponesi erano invece pensati per un pubblico più adulto e questi, rimasti spiazzati e disorientati, hanno dato via a quello che è il pregiudizio per cui i cartoni giapponesi non sono adatti ai bambini, sono violenti e diseducativi.



Sulla base di un’indagine effettuata da Francesco Filippi, che è un regista che si occupa anche di cartoni animati, insieme ad alcuni giornalisti, insegnanti ed educatori, gli spezzoni di alcuni cartoni di molti generi sono risultati diseducativi se presi singolarmente, ma inseriti nel loro contesto erano l’esatto contrario: logici, sensati ed educativi. Il problema, come molti dicono, non è insegnare ai bambini a guardare i cartoni animati, perché lo sanno già fare, ma è insegnarlo ai genitori.
In quest'ottica il messaggio sembrerebbe maggiormente rivolto agli adulti: la colpa non sarebbe da attribuire al cartone in sè per sè ("non è guardando un cartone che i nostri bambini diventano dei piccoli samurai" continua a sostenere Filippi), ma sono i genitori che sono distratti e abbandonano spesso i figli davanti alla tv.

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